“Supponiamo che degli scienziati malvagi abbiano rimosso il tuo cervello dal tuo corpo mentre dormivi e lo abbiano posto in un sistema per il mantenimento in vita in una vasca. Supponiamo poi che cerchino di farti credere che tu non sei solo un cervello in una vasca, ma sei ancora integro, vivo e vegeto, e impegnato in normali attività nel mondo reale.
Potresti essere nient’altro che un cervello nella vasca? Potresti essere sempre stato solo un cervello in una vasca? Se sì, riusciresti anche solo a concepire la tua spiacevole situazione (per non parlare della possibilità di confermarla)? “
Daniel C. Dennet
Questo progetto nasce come vero e proprio esperimento sul tema della complessità. Mi sono chiesta spesso perché essendo noi umani degli individui complessi in grado di gestire più cose e informazioni contemporaneamente (ognuno di noi è una popolazione) tendiamo alla creazione di opere che hanno quasi sempre uno sviluppo unitario. Come e perché si forma un’opera d’arte? Quale è il processo creativo e formativo dell’opera? Quali i percorsi più frequentati? Quali le influenze mutanti esterne? Quale relazione si crea tra l’artefice e l’artificio? E’ possibile tentare un percorso diverso fatto di nuove strategie e di nuovi obiettivi rispetto a quello che già ci risulta naturale e familiare? A queste domande ho cercato di dare delle risposte utilizzando me stessa come soggetto d’esperimento.
Ho individuato tre momenti significativi nel processo creativo e li ho così definiti:
a)Connessioni, b) Sviluppi, c) Fenotipi.
- a) Connessioni: Ho raccolto in questa fase, attraverso una documentazione fotografica, tutti quegli elementi o “stimoli” che sono all’origine di questo lavoro e che mi hanno permesso di accedere all’ideazione conclusiva dei “fenotipi” e li ho archiviati come sequenze caotiche nel computer.
- b) Sviluppi: In questa fase mi sono dedicata alla “coltura” dei differenti elementi embrionali o “stimoli” tentando di non organizzarli secondo un criterio di aggregazione unitaria premeditandone le eventuali relazioni, ma piuttosto di affidarli separatamente a lati diversi del mio carattere. Partendo quindi dal presupposto scientifico che “la piccolissima differenza nel punto di partenza degli elementi embrionali comporta una grande differenza nei loro destini” (per esempio, nello sviluppo fetale di due gemelli che hanno identico DNA le cellule che vanno a formare i loro cervelli seguono percorsi diversi e creano diverse connessioni. Lo sviluppo dell’embrione è un sistema dinamico e la sua estrema sensibilità alle condizioni iniziali crea un intrinseco caos di fondo, facendo si che due gemelli “identici” non siano mai completamente uguali) ho potuto verificare le molteplici possibilità attraverso cui uno stesso sistema può evolversi e moltiplicarsi.
- c) Fenotipi: Questa è la fase conclusiva. I “fenotipi” sono le creature; ognuna di esse è “individua”, ognuna di esse ha un proprio carattere e una comune sostanza: è autonoma ma allo stesso tempo è incompleta e tutte insieme riflettono la geometria del caos, la sensibile contraddizione e il dis-correre simultaneo e solitario che non converge in un medesimo punto, ma si irradia in diverse direzioni.
Con le parole di Massimo Cacciari si potrebbe dire che “sono figure di solitudine che si avvinghiano l’una all’altra, irrigidite nel proprio carattere e insieme confusamente riflettenti tutti gli umori dell’atmosfera in cui respirano, ‘staccate’ nella propria individualità, eppure pervase da ogni forma di nostalgia per l’altro da sé, di odio e di amore.”
Tra i Fenotipi sono compresi i lavori Transire e Seven Flowers.
In conclusione il risultato è stato interessante anche se si è scontrato con la rigidità di alcuni addetti ai lavori in quanto le opere sembravano realizzate da più persone cioè da artisti differenti. La totale anarchia delle forme e dei linguaggi ma anche degli umori e del carattere delle opere hanno creato un senso di caos e di spaesamento e la mostra personale fu interpretata come mostra collettiva. Fu la mia prima collettiva da sola.